Interviste ad Alberto Conterio

martedì 7 ottobre 2014

Situazione economica e possibili sviluppi



Situazione economica e possibili sviluppi
La nave affonda mentre l’equipaggio è impegnato a lucidare gli ottoni: follia!

Per decenni si sono contrapposti due modelli economici e sociali senza peraltro riuscire a giungere al risultato che si prefiggevano.
Oggi, nel 2014 a 25 anni dalla fine dell'Unione Sovietica e del socialismo, possiamo affermare che anche il capitalismo e l'economia di mercato hanno dimostrato tutti i loro limiti e ristagnano in profonda crisi. Sentir dire che il liberismo sta attraversando la più lunga crisi economica della storia è un fatto normale quanto falso però. Il liberismo di cui abbiamo «goduto» in questi anni infatti non sta attraversando «una crisi» ma è la causa della crisi! Sta in questo lapsus forse, il motivo della mancata risoluzione del problema. Questa è una crisi che ci attanaglia da anni, e merita una serie di riflessioni per comprendere appieno i motivi e anche la possibile via d'uscita. La differenza reale tra i due modelli macroeconomici può apparire ampia: con il socialismo o economia di stato si tende alla massima occupazione, mentre con il capitalismo o economia di mercato si tende al massimo guadagno. 


Con buona pace di ogni legittima opinione però, ritengo che ambedue i modelli si somiglino tantissimo nel risultato: non hanno rappresentato mai, la panacea al benessere dei lavoratori e delle nazioni...
Se è vero che con un'economia di tipo socialista, tutti o quasi i lavoratori sono occupati, è pur vero che i salari sono calmierati dallo Stato e da un'economia generalmente priva di stimoli. La fine dell'Unione Sovietica e di altri Stati improntati a tale sistema non lasciano dubbi in proposito, ma vale lo stesso criterio anche per il modello capitalistico. La ricerca spasmodica e incontrollabile nell'ottenere il massimo guadagno, ha portato alla schiavitù di intere popolazioni del terzo mondo e al rapido impoverimento delle popolazioni residenti nei paesi più evoluti e industrializzati del mondo. Il guadagno, negli ultimi decenni non è stato più il mezzo per il progresso della società, ma al contrario è diventato motivo di opposto obiettivo: verso la precarizzazione della società, moderna schiavitù!
Diventa quindi chiaro, che i due modelli economici non sono in grado di reggersi da soli sulle proprie gambe se non in presenza contemporanea del loro opposto in veste di «regolatore».
Solo il corretto bilanciamento tra i due estremi sistemi economici è in grado di portare reale beneficio e benessere sociale.
L'economia di Stato deve trovare nei privati e nella loro concorrenza le motivazioni per perseguire il miglioramento continuo, mentre gli stessi privati devono trovare nello Stato e nel sistema statalista un limite alla inconsapevole mala gestione del sistema di mercato che propugnano.
Un sistema capitalistico, per svilupparsi, ha bisogno di mano d'opera a basso costo, ma anche di un mercato in grado di acquistare i prodotti. Le due cose non sono compatibili, ed ecco perché dopo soli 25 anni di libera interpretazione, il liberismo, si è «avvitato» su se stesso in una crisi senza risoluzione.
Oggi disponiamo certamente di mano d'opera a basso costo grazie alla globalizzazione dei mercati, ma è anche vero che i salari sono ormai troppo bassi per avere una domanda pari alle capacità produttive.
Quale soluzione quindi?
Ho già accennato al giusto bilanciamento tra Stato e privati, ma come?
Credo che allo Stato spetti creare il contesto più favorevole allo sviluppo delle aziende private, mantenendo il controllo assoluto, e ripeto assoluto, di alcuni settori strategici: l'energia, le comunicazioni, la ricerca e le grosse infrastrutture. Settori questi che devono passare attraverso la programmazione politica dello Stato nazionale e sovrano. Nessun privato deve avere la possibilità di rilevare quote importanti di questi settori... pena vederli diventare essi stesso «Stato», inteso come monopolizzatori.  
Per attuare ciò, uno Stato deve necessariamente essere sovrano e battere moneta propria.
La moneta non può essere una proprietà privata delle banche.
Risulterà chiaro a questo punto che oggi, nell’attuale situazione, non abbiamo nessuna possibilità di poter uscire dalla crisi, perché tutti i provvedimenti possibili, vengono inesorabilmente «castrati» nelle loro potenzialità da un punto di partenza errato. E come tentare di sollevare un peso con una leva: stiamo utilizzando una leva troppo corta oppure un punto di appoggio troppo lontano dal peso che intendiamo sollevare.
I presupposti per uscire dalla crisi quindi, non sono le riforme, ma l’ambiente in cui le riforme – quelle necessarie – devono essere fatte. Se alcuni anni fa, questa disamina dei fatti era dominio solo di alcuni premi nobel per l’economia, ora l’argomento è diventato di dominio pubblico. Non si può più far finta di non sapere!
La domanda a questo punto non è più se è necessario uscire dall’euro, ma molto più verosimilmente in che modo uscire – al più presto – per limitare i danni e intraprendere la giusta via. Finalmente!

Alberto Conterio - 28.09.2014

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